27 novembre 2008

San Benedetto in Val Perlana

16 Novenbre 2008

Questa volta mi sono iscritto ad un’escursione organizza dal CAI, giusto per non fare sempre escursioni in solitaria e conoscere un po’ di gente nuova con la passione della montagna.

Partenza in pulman da Cernusco alle 6.30. Arrivo ad Ossuccio verso le 8.30.
Dalla statale attraversiamo il paese e saliamo per il Sacromonte di Ossuccio.
Il Sacromonte e’ costituito da quattordici cappelle, in stile barocco, che rappresentano i Misteri del Rosario.
Le cappelle, costruite tra il 1630 e il 1700, sono decorate con 230 statue a grandezza naturale. Al culmine della salita si trova il bellissimo Santuario della Beata Vergine del Soccorso. L’intero complesso e’ inserito nel Patrimonio dell’Umanita’ dell’Unesco.


Interno di una cappella

Abbiamo impiegato circa un’ora per salita del Sacromonte, inclusa la visita delle Cappelle e del Santuario.

Santuario della Beata Vergine del Soccorso

Lasciato il Santuario, iniziamo l’escursione vera e propria. Seguendo un sentiero nel bosco che con saliscendi e con l’attraversamento di alcuni torrenti ci porta, in meno di due ore, al Monastero di San Benedetto.


Monastero di San Benedetto

La giornata e’ stupenda, e pur essendo Novembre, il sole e’ caldo, tanto che siamo tutti in maglietta.

Il Monastero sorge in una piccola radura immersa in un bosco di larici.
La chiesa, in stile romanico, ed il monastero sono stati costruiti intorno al 1050. Dopo pochi secoli di attivita’ il monastero fu abbandonato. Ormai ridotto ad un rudere fu restaurato negli anni Cinquanta, dopo un ulteriore abbandono, fu recuperato allo stato attuale negli Novanta. Purtroppo non essendo ritornato in funzione come monastero, c’e’ il rischio che possa ritornare in rovina in un prossimo futuro.

Monastero di San Benedetto

Dopo aver pranzato, e fatto una breve visita alla chiesa, ci incamminiamo per l’antica via di San Benedetto, che scende lungo la Val Perlana fino a giungere nei pressi del Santuario dell’Acquafredda a Lenno. Che raggiungiamo in circa un’ora e mezza di cammino.
Lungo il percorso, vi sono splendidi punti panoramici sul lago e sulle Grigne.


Dopo la visita al Santuario, ci raduniamo al pullman, ma prima di partire assaggiamo alcune torte preparate da alcune socie del CAI.


Ottimo modo per concludere una piacevole escursione.

11 novembre 2008

Sofia - Bulgaria

4 – 5 Novembre 2008

Era da un po’ di tempo che il mio lavoro non mi portava in una “nuova”capitale. Non ero mai stato in Bulgaria e tantomeno a Sofia.

In generale l’aspetto della citta’ e’ quello che ci si puo’ aspettare di trovare in un ex Paese Socialista. Ampi quartieri, di palazzoni popolari brutti e un po’ trasandati. A ben pensarci, nella periferia di Milano, Torino o Roma non e’ molto diverso.
In generale si ha l’impressione di una citta’ un po’ trascurata ma tranquilla, e devo dire che girare anche di sera tardi, non mette timore.
A differenza di cio’ che ci si potrebbe aspettare, in giro non ci sono ne’postulanti, ne’zingari. Si nota sopratutto l’assenza dei cosi’ detti “extra-comunitari”.

Dal punto di vista turistico la citta’ non offre molto. Il centro citta’ e’ dominato da maestosi edifici governativi.


Il monumento piu’ importante e’ la Cattedrale Aleksandar Nevski, chiesa ortodossa in stile bizantino, che francamente abituati come siamo alle nostre cattedrali e chiese, fa ben poco effetto.
Li’ vicino si trova la piccola chiesa di Santa Sofia, che da’ il nome alla citta’.

La strada principale dello “shopping” e’ Vitosha Boulevard. Una strada chiusa al traffico, a parte il tram che passa di rado.
Nella via fanno bella mostra alcuni negozi “italiani” di abbigliamento e di arredamento (il design italiano!!). E diverse filiali di UniCredit, che si e’ comprata una banca locale.

Invidiabile invece e’ la vicinanza del monte Vitosha. Con un’altitudine di circa 2000m, d’inverno e’ una delle stazioni sciistiche piu’ frequentate della Bulgaria.
Gli impianti di risalita sono raggiungibili da Sofia, in una ventina di minuti. Le piste sono tutte illuminate.
I colleghi mi dicono che d’inverno spesso escono dall’ufficio la sera e vanno a sciare fino alle 22:00, ora di chiusura degli impianti.

Devo trovare il modo di organizzare una trasferta invernale!!

20 ottobre 2008

Rifugio Buzzoni – Passo del Toro – Piani di Bobbio

19 ottobre 2008

Arrivo al parcheggio della funivia di Barzio a un quarto alle 8.00. La funivia e’ chiusa, riaprira’ tra un po’ per la stagione invernale. Il bar, invece, ha appena aperto e faccio colazione.
Alle 8.00 impunto imbocco la carrozzabile che sale ai Piani di Bobbio, che si trova sulla destra dell’ingresso del parcheggio. Dopo poco si arriva ad un bivio, al centro c’e’ una Cappellina Votiva con una fontanella. La strada che sale a destra porta ai Piani di Bobbio, io proseguo a sinistra per salire al Rifugio Buzzoni.



La carrozzabile prosegue in piano attraverso una serie di campi e di baite. Sono le baite del Nava. Passo vicino ad un recinto di capre. Nei pressi dell’ultima baita la strada diventa sentiero e si immerge nel bosco.
Il sentiero (n.19) prosegue in falso piano per un lungo tratto. I punti un po’ piu’ esposti sono attrezzati con catene, ma non sempre sono necessarie (almeno ora che non c’e’ neve). Giungo ad una valletta dove, su roccette attrezzate, scendo per attarversare il torrente Acquaduro che e’ praticamente in secca. Salgo rapidamente sull’altro versante. Il sentiero riprende il suo andamento in falso piano nel bosco. In questa stagione il bosco e’ uno spettacolo esplosivo di colori, verde, giallo, rosso, viola. Decisamente l’autunno e’ il periodo migliore per godersi i boschi.


Scendo in un’altra valletta e attraverso un altro torrente in secca. Dopo una rapida salita ritorno in piano. Incrocio il sentiero che proviene da Introbio. Proseguo, poi prima di scendere in una terza valletta, scorgo in basso tra gli alberi qualche cosa che non mi sarei mai aspettato di vedere: una moto da trial capovolta. Il pilota deve aver fatto proprio un bel volo.


Scendo nella valletta con l’aiuto delle catene e risalgo sull’altro versante.
Ora il sentiero sale deciso e con buona pendenza, fino alla sommita’ dello spartiacque. Poco prima della cima si incontra una fontanella con un'ottima acqua fresca.
Sulla sommita’ mi immetto nel sentiero che proviene da Introbio e che porta al rifugio. Il sentiero sale abbastanza dolcemente sull’altro versante e con qualche strappetto mi porta fuori dal bosco, dove vedo il rifugio. Arrivo al Rifugio Buzzoni alle 10.20.
Dopo una breve sosta proseguo fino al Passo del Gandazzo, a 1651 m. che si affaccia sulla Valtorta. Dal passo prendo il sentiero a sinistra (n.36 SEL, n.101 CAI) che porta al Passo del Toro ed al Rifugio Grassi. Il sentiero sale dolce, ma subito dopo si inerpica deciso sul monte che ho di fronte. Dopo aver passato delle roccette arrivo ad una sorgente. Breve sosta e proseguo. Arrivo al Passo del Toro (1945 m) alle 11.30.



Sono indeciso se proseguire fino al Rifugio Grassi o fare una sosta al passo e poi scendere fino ai Piani Bobbio.
Scelgo la seconda opzione, mi fermo qui. Mangio qualche cosa e mi godo il panorama sulle Orobie Occidentali. Davanti a me c’e’ il Pizzo dei Tre Signori, purtroppo coperto da nuvole. Dall’altro versante vedo Grignetta e Grignone, anche loro con il consueto cappello di nuvole.
Scendo dal Passo del Toro e in una ventina di minuti sono di nuovo al Passo del Gandazzo, dove proseguo per i Piani di Bobbio. Il sentiero (n.36 SEL, n.101 CAI) entra nel bosco e procede pianeggiante. Attraverso una pietraia e poco dopo una pista da sci. Trovo dei mughi, arbusti della famiglia delle conifere. Le loro pigne colte ancora verdi e tagliate a spicchi sono ottime per aromatizzare la grappa. Ma non e' tempo di pigne. Peccato.
Arrivo infine ai Piani di Bobbio, ci ho messo 45 min. dal Passo del Gandazzo.

Dai Piani di Bobbio, scendo a Barzio tramite la carrozzabile che porta alla funivia. La strada e’ scomoda, lunga e noiosa. Ci metto quasi due ore per scendere.
Sconsiglio vivamente la discesa per la carrozzabile, meglio fare il giro nei periodi in cui e’ aperta la funivia. e scendere a Barzio con quella.
Oppure evitare di andare ai Piani di Bobbio ed dal Passo del Gandazzo scendere ripercorrendo il sentiero che passa per il Rifugio Buzzoni.
Col senno di poi, posso dire che al Passo del Toro avrei fatto meglio a proseguire fino al Rifugio Grassi ed evitare al ritorno il giro per i Piani di Bobbio.

Sara’ per la prossima volta.

2 ottobre 2008

Camino Inca, Peru’

Giugno 1986

Sicuramente questo e’ stato il trekking della mia vita (almeno fino ad ora). Devo fare un po’ di sforzo con la memoria per ricordarmi i dettagli di questa fantastica esperienza e raccontarla qui nel blog.

Io ed il mio amico Mauro, andammo in ferie in Peru’ con lo scopo principale di percorrere il “Camino Inca”, un’escursione di quattro giorni sulle Ande con destinazione Machu Picchu.

Partimmo da Lima in aereo e raggiungemmo Cuzco la mitica citta’ Inca. L’impatto con l’altitudine di Cuzco fu tremendo fin da subito. Gli aerei di linea hanno una pressurizzazione simile ad un’altitudine di 1000 metri. Appena atterrati, come si aprirono gli sportelli dell’aereo, ci trovammo immediatamente ai 3400 metri di altitudine di Cuzco, con una forte sensazione di nausea e di mancanza di respiro. Restammo a Cuzco un paio di giorni per acclimatarci, prima di iniziare la nostra avventura.

Da programma, dovevamo prendere il treno turistico per Machu Picchu delle 6.00 di mattina. Quel giorno pero’ il treno parti’ in anticipo (o forse noi eravamo in ritardo!?!), costringendoci a prendere il treno successivo, che non era un “turistico”, ma un treno normale dove noi eravamo gli unici turisti. Ricordo che il treno era affollato e c’era gente che vendeva di tutto, dalle ciabatte alla carne arrosto.

Arrivavamo al famoso Km 88, il punto di partenza del trekking del Camino Inca, a pomeriggio inoltrato. La stazione non esisteva ancora. Ci incamminammo subito lungo il sentiero ed arrivammo al primo villaggio che era gia’ buio. Ci accampammo vicino alla casa di una famiglia di campesinos, gli indios che sono la classe piu’ povera della societa’ peruviana.
Ci preparammo la cena a base di fagioli e salsiccia in scatola. Ma ne’ io, ne’ il mio amico avevamo fame e quindi offrimmo la cena al campesino, che non finiva piu’ di ringraziarci. Ci invito’ ad entrare nella sua casa. Una stanza con il pavimento di terra battuta con un fuoco in un angolo, dove la moglie stava scaldando i fagioli con la salsiccia. Nell’altro angolo della stanza c’era un unico letto, dove dormivano alcuni bambini. I bimbi piu’ grandi erano svegli ed erano incuriositi e sorpresi dal fatto che noi eravamo li’ in casa loro. Era gente molto povera ma molto ospitale. Ci offrirono da bere una specie di birra in una ciotola di legno. Dormimmo fuori della loro casa, nei nostri sacchi a pelo. La mattina seguente ci svegliammo molto presto, per recuperare il ritardo del giorno prima. Tutta la famiglia si era alzata per salutarci, oltre ai due genitori c’erano sei bambini. Prima di partire regalammo loro un paio di tavolette di cioccolata e qualche scatoletta di carne.

Ci mettemmo in cammino sul sentiero verso il passo Warmiwanusca a 4200m.
Al passo raggiungemmo un gruppo di escursionisti, quelli che erano partiti con il treno che noi avevamo perso il giorno prima.
La sera ci accampammo su un pianoro col gruppo di escursionisti. Dopo aver acceso un bel fuoco, qualcuno preparo’ il Mate de Coca, il te di foglie di coca (legali nella zona andina del Peru’). Un ottimo cardiotonico per sopportare l’altitudine, con il difetto di mettere inappetenza. In tre giorni di cammino mangiammo poco e niente.
Il gruppo era composto da una ventina di persone provenienti da varie parti del mondo; c’era chi veniva dall’Australia, chi dagli USA, dall’Argentina, dal Brasile, dalla Francia, dalla Svizzera e altri due italiani oltre noi.
A differenza degli altri noi non avevamo la tenda, ma dormivamo all’aperto nei sacchi a pelo tipo militare. Eravamo vestiti di tutto punto con maglione, guanti e cappello di lana. A Giugno in Peru’ inizia l’inverno ed eravamo a quasi 4000 metri. La mattina ci svegliammo con un sottile strato di ghiaccio che copriva i nostri sacchi a pelo, ma non avevamo patito il freddo come chi stava in tenda.

Il giorno dopo superammo un altro passo a 3800m e giungemmo alle rovine di Sayamarca dove finalmente il sentiero si trasforma nell’antica strada Inca.
Da li’ fino a Machu Picchu si cammina sui lastroni di pietra posati dagli Inca. Si percorrono scale vertiginose, si attraversano gallerie intagliate nella roccia. Ci si immerge nella giungla e si incontrano diverse rovine di fortificazioni dell’antico impero Inca.
E’ contemporaneamente un viaggio nel tempo e nella natura selvaggia delle Ande.

La terza notte ci accampammo nei pressi di una centrale idroelettrica sul fiume Urumamba. Al riparo della costruzione, la notte fu meno fredda.

La mattina seguente ci alzammo come al solito molto presto, e dopo un paio d’ore ci apparve Machu Picchu, con davanti i classici terazzoni agricoli e sullo sfondo il maestoso Huayna Picchu.
Ricordo che da piccolo rimasi affascinato da una foto di Machu Picchu sul sussidiario. Ed ora la citta’ era la’ davanti a me. Reale.
Ricordo il silenzio che c’era, mentre passavamo attraverso le case. E poi i posti mitici di Machu Picchu, di cui avevo letto tanto su guide e libri; il Tempio del Sole, il Tempio delle Tre Finestre, la Casa Reale e l’Intihuatana, la misteriosa pietra intagliata.
Il treno turistico da Cuzco sarebbe arrivato solo verso mezzogiorno. La citta’ era tutta nostra. Quando arrivo’ col treno la massa di turisti, lasciammo Machu Picchu, scendemmo giu’ nella valle e seguendo la ferrovia arrivammo ad Agua Calientes.

Il sogno di raggiungere Machu Picchu a piedi, percorrendo il Camino Inca si era avverato e l’emozione di averlo vissuto restera’ per sempre.

29 settembre 2008

Grigna Meridionale (Grignetta)

28 Settembre 2008

In cima alla Grigna c’ero salito gia’ due volte. La prima volta avevo circa 13 anni, mi ci porto’ mio fratello (che ha 12 anni piu’ di me). Ricordo che passammo nei pressi di una parete dove si stavano arrampicando alcuni scalatori, ad un tratto uno di loro manco’ la presa e cadde. Aveva appena “attaccato” perciò il volo fu solo di qualche metro, ma sicuramente si fece male. La cosa mi rimase impressa a lungo. Ricordo anche che prima di giungere in vetta, si affrontavano alcuni passaggi impegnativi, attrezzati con catene. Un passaggio in particolare mi rimase impresso, perche’ era molto esposto su un “salto nel vuoto”.
La seconda volta, parecchi anni dopo salii con degli amici, per la classica Cermenati. Credevo fosse il percorso fatto una quindicina di anni prima, invece la Cermenati e’ un sentiero ripido (un po’ noiso) che con poche diffcolta’ porta in vetta. Solo gli ultimi metri sono attrezzati con catene. Certamente non e’ il percorso che feci con mio fratello.
Oggi dopo piu’ di trent’anni dalla prima volta, risalgo in Grigna. Visto che sono da solo e che da poco mi e’ ritornata la passione per le escursioni, voglio fare le cose per gradi e quindi decido che saliro’ per la Cermenati, considerato il percorso piu’ semplice per salire in Grigna,
Arrivo ai Pian dei Resinelli alle 7.30, e dopo aver fatto colazione nell’unico bar aperto, salgo al rifugio Porta, dietro il quale parte il sentiero alla Cresta Cermenati (sentiero numero 7).

Sentiero Cresta Cermenati

Non sono ancore le 8.00, quando incontro uno “Sky Runner” che sta scendendo. Mi dice che e' stato in vetta e sta' tornando a casa per fare colazione. Queste sono cose che demoralizzano!!
Riprendo la mia salita, ma seguendo un gruppo di scalatori, ad un bivio sbaglio e prendo un sentiero sulla destra. Convinto di continuare per la Cermenati, in realta’ percorro il Traverso per i Magnaghi (sentiero numero 3). Poco dopo attraverso il Canalone Porta, e mi ritrovo sotto il Sigaro Dones, “monumento” dell’alpinismo Lecchese.

Il Gruppo dei Magnaghi

Proseguendo per il sentiero, che diventa sempre piu’ ripido e impervio, arrivo sotto i torrioni Magnaghi. Ci sono diversi gruppi in cordata che salgono sulle molte vie dei torrioni.


Mi torna alla memoria l’episodio di tanti anni fa. Mi viene il dubbio di aver sbagliato sentiero e di aver preso un percorso piu’ impegnativo. Tornare indietro e’ una possibilita’, ma andare avanti e’ piu’ emozionante. Il sentiero prosegue su roccette friabili, ad ogni passo si rischia di far rotolare qualche sasso. Lentamente arrivo all’intersezione con il sentiero che arriva dalla Cresta Senigallia (sentiero numero 1). Da li’, per arrivare in vetta, si deve percorre un tratto impegnativo, attrezzato con catene e appigli artificiali. Ed ecco il secondo “flashback” il primo passaggio e’ molto esposto. Sotto c’e’ un salto di parecchi metri. Come detto all’inizio, non era mia intenzione cimentarmi in un percorso impegnativo. Ma ormai ero li’ a pochi metri dalla vetta e poi, ora ne ero sicuro, era il percorso fatto la prima volta da ragazzino. Facendo molta attenzione proseguo fino in vetta, dove arrivo alle 11.15.

La Vetta

Sono molto soddisfatto, sono in cima alla Grigna, ho fatto un percorso piu’ impegnativo (grado EE) di quello che mi ero proposto, ma soprattutto ho ripercorso il sentiero della mia infanzia.
Purtroppo la vetta viene presto avvolta dalle nuvole e non si vede quasi piu' nulla, fa anche un po’ freddo. Riparto per la discesa, prendo per la “noiosa” Cermenati.
Per oggi basta cosi, non voglio altre emozioni.

24 settembre 2008

Escursione sul Resegone

28-29 Agosto 2008

Tutti conosciamo "I Promessi Sposi", uno dei piu' classici romanzi della letteratura italiana. E proprio tra le prime righe del libro il Manzoni cita il monte che viene "chiamato affabilmente dai milanesi il Resegone", per la sua caratteristica sequenza di cime che lo fanno rassomigliare al profilo di una "resega" (sega da falegname).

Due sono i punti di partenza classici per salire sul Resegone: dai Piani d"Erna (sopra Lecco) e da Erve (sopra Calolziocorte).

Siamo parti da Erve alle 11.00 circa e seguendo il sentiero San Carlo, siamo giunti all'ononima sorgente verso mezzogiorno giusto in tempo per pranzare. L'ultima volta che sono stato qui avevo circa 12 anni. Ora ci ritorno con i miei figli, piu' o meno della stessa eta' che avevo io. Mi fa' uno strano effetto.




Ce la siamo presa comoda, per buona parte il sentiero segue il torrente, tra boschi pieni di ciclamini. Dopo la pausa abbiamo ripreso la salita sempre nel bosco e attraversando il torrente un paio di volte.



Il sentiero sale deciso per un buon tratto per poi riprendere un andamente piu' pianeggiante. Verso le 14.00 arriviamo al rifugio Alpinisti Monzesi (o Capanna Monza).

Capanna Monza

Qui il gestore ci suggerisce di visitare le vicine miniere abbandonate (20 min.), che di recente sono state messe in sicurezza. Si entra a prorio rischio, occorre una buona torcia per vedere dove metter i piedi. Il fondo e' umido ed in alcuni tratti scivoloso. Ma la visita e' sicuramente interessante.

Abbiamo cenato al rifugio. Il menu comprendeva crostini con salsiccia, brasato di cinghiale, salsiccia di cavallo in umido, costine alla griglia, ed ovviamente la polenta.

La mattina seguente, dopo un'abbondante colazione, siamo saliti al Passo del Fo, dove si gode di un ottimo panorama. E dopo aver visto l'attacco della Ferrata del Centenario, siamo scesi a valle.
Ma prima di riprendere l'auto ci siamo rinfrescati nel torrente.


Trenino Rosso del Bernina

Si parte da Tirano con il mitico Trenino Rosso e passando sotto le pendici del Bernina si giunge a Saint Moritz, attraverso paesaggi fantastici.

Si tratta di una gita di qualche tempo fa (Luglio 2005). A suo tempo avevo realizzato una clip che ho pubblicato su YouTube e che qui riporto.



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Periplo Tonale Occidentale

16 Agosto 2008

Dopo il tempaccio di ieri quasi non ci speravo piu’. Oggi, invece, il tempo e’ decisamente bello. Bene perche’ ho intenzione di percorrere l’anello di sentieri intorno alla cima del Tonale Occidentale e la Cima Bleis.
Prima tappa il Passo dei Contrabbandieri. Partenza alle 9.00. Il sentiero N’101 inizia nei pressi del Monumento ai Caduti. Il sentiero e’ in realta’ una strada bianca che porta alla malga Valbiolo, l’abbandono subito e opto per tracce di sentiero alternative. Non mi va di camminare mangiando la polvere delle numerose auto che salgono alla malga. Dopo un’ora circa sono alla malga.
Sfortuna vuole che mi ritrovo a percorrere il tratto dalla Valbiolo al Passo dei Contrabandieri in mezzo ad un gruppo di una trentina Romagnoli caciaroni e chiassosi, che sono saliti fin qui in auto.

Passo Contrabandieri

Arrivato al passo (1 ora) non ho neanche il tempo di godermi il panorama, il gruppo di casinisti occupa tutti i punti piu’ belli. Li anticipo e scendo subito al Rifugio Bozzi, dove arrivo dopo 45 minuti. Mi fermo giusto il tempo di mangiare un panino e riparto evitando “l’orda” romagnola.

Rifugio Bozzi

Percorro il sentiero N’2, che fa parte del Sentiero Italia, verso Ponte di Legno. Bellissimo percorso pianeggiante a mezza costa che da’ sulla valle sottostante. Siamo nella parte piu’ meridionale del Parco dello Stelvio. Il paesaggio e’ fantastico.
Non c’e’ nessuno, ora si’ che mi godo in santa pace la mia camminata. Ad un tratto sento alle mie spalle uno strano rumore, mi giro e mi trovo davanti uno in bicicletta; ma cribbio neanche su un sentiero a 2000m. puoi camminare tranquillo!!





Bici a parte, l’unico problema e’ che ho portato poca acqua, pensavo di trovarne lungo il sentiero, invece niente, tutti i ruscelli sono asciutti, con il caldo che c’e’ la sete si fa sentire, ma devo limitare i sorsi. Dopo un’ora e mezza giungo al bivio, dove prendo il sentiero N’ 61 che torna al Passo del Tonale.


Nei pressi della Baita Bleis spero di trovare l’acqua, invece la fontanella e’ asciutta. Quando ormai mi sono rassegnato ecco che sento il rumore di un ruscelletto. Finalmente acqua si puo’ bere a sazieta’.
Riprendo il cammino, dietro una curva, sul sentiero a meno di tre metri, mi trovo davanti un rapace (credo un gheppio) che non mi da’ neanche il tempo di pensare alla macchina fotografica e veloce si alza in volo. Poco dopo lo rivedo che volteggia in cielo, questa volta l’ho “preso”.


Proseguo sul sentiero per un’altra mezz’ora, svoltando verso est, ormai sono di nuovo sul “lato” del Passo del Tonale. Mi fermo nei pressi di un “omino di pietra” ad osservare il panorama e a riposare un po’, dopotutto sono appena passate le 14.00, ho tutto il pomeriggio a disposizione.

Riprendo il cammino. Il sentiero si confonde con tracce di altri sentieri, la segnaletica si fa sempre piu’ scarsa fino a scomparire. Ormai c’e’ solo una ragnatela di sentieri che mi portano su una pista da sci, utilizzata come pascolo per le pecore. Comunque non e’ un problema, posso “navigare” a vista. Scendo lungo la pista fino ad una stradina poderale, che porta alla malga Nigritella.


Da li’ vedo il piazzale dove ho parcheggiato il camper, che raggiungo “navigando” a vista, tagliando per le varie piste da sci.
Sono le 17.00 non vedo l’ora di togliermi gli scarponi e di farmi una bella doccia.

Escursione Ghiacciaio Presena

15 Agosto 2008 (Ferragosto)

Sono arrivato con il camper al Passo Tonale intorno alle 12.30. Il cielo e’ coperto e non promette nulla di buono. Comunque decido di fare una “sgambatina” per non “sprecare” il pomeriggio.

Salgo al Passo Paradiso con la cabinovia. La seggiovia invece non funziona, un fulmine in mattinata ha mandato in tilt il sistema di controllo. Poco male non avevo intenzione di prenderla.



Mi incammino e dopo 30 minuti arrivo alla capanna Presena ai piedi del ghiacciaio.
C’ero stato a sciare lo scorso inverno, e mi aspettavo un ghiacciaio molto piu’ ampio, ma sicuramente c'era solo tanta neve, dato che ora il ghiacciaio non c’e’ quasi piu’.
Che delusione!!



Cio' che resta del ghiacciaio

Il ghiacciaio e' coperto in parte con teli in geotessuto (mai sentito nominare). Ci sono cartelli che chiedono di non camminarci sopra.
Parlo con l’addetto alla seggiovia, mi dice che una volta ghiacciaio copriva tutto l'avallamento, ora sta scomparendo a vista d’occhio. Secondo lui tempo 4 – 5 anni e non ci sara’ piu’ niente. E' l’effetto del surriscaldamento globale.



Il ghiacciaio coperto da teli

Il tempo volge sempre piu’ al brutto, tira un forte vento, piove e grandina insieme, e’ meglio che mi sbrighi a ritornare alla cabinovia.

Nei pressi della cabinovia c’e’ il “Sentiero dei Fiori”, visto che il tempo mi da una piccola tregua, mi incammino sul sentiero, perche’ sono incuriosito da un “rudere” che vedo un po’ piu’ in alto.
Si tratta di una postazione di trincea. Qui durante la Prima Guerra Mondiale si sono svolte alcune delle battaglie piu’ cruente, su un terreno difficilissimo, e con un clima rigido per buona parte dell’anno. Basta vedere che tempo c’e’ oggi, che ricordo e’ Ferragosto.

Mi sono calato in un tratto di trincea per immaginare come potevano stare i soldati in guerra.
La guerra e’ sempre un “affare” terribile, ma la guerra di trincea deve essere stata veramente terribile.


Un tratto di trincea

Stare acquattato in questo corridoio di pietra mi da angoscia. Mi e’ proprio difficile immaginare cosa abbiano provato i giovani ventenni, che hanno combattuto dentro queste trincee patendo freddo e fame. Sempre con il rischio di morire, e molti sono morti quassu’.
Mi e’ tornato in mente “Niente di nuovo sul Fronte Occidentale” di Erich Maria Remarque che racconta la tragedia della guerra in trincea. Mi sa che lo rileggero’.

Preso da queste riflessioni, mi trovo immerso nella nebbia, quasi non vedo piu’ il sentiero, sento qualche tuono, meglio sbrigarsi a scendere, il tempo si sta mettendo proprio al brutto.