20 ottobre 2008

Rifugio Buzzoni – Passo del Toro – Piani di Bobbio

19 ottobre 2008

Arrivo al parcheggio della funivia di Barzio a un quarto alle 8.00. La funivia e’ chiusa, riaprira’ tra un po’ per la stagione invernale. Il bar, invece, ha appena aperto e faccio colazione.
Alle 8.00 impunto imbocco la carrozzabile che sale ai Piani di Bobbio, che si trova sulla destra dell’ingresso del parcheggio. Dopo poco si arriva ad un bivio, al centro c’e’ una Cappellina Votiva con una fontanella. La strada che sale a destra porta ai Piani di Bobbio, io proseguo a sinistra per salire al Rifugio Buzzoni.



La carrozzabile prosegue in piano attraverso una serie di campi e di baite. Sono le baite del Nava. Passo vicino ad un recinto di capre. Nei pressi dell’ultima baita la strada diventa sentiero e si immerge nel bosco.
Il sentiero (n.19) prosegue in falso piano per un lungo tratto. I punti un po’ piu’ esposti sono attrezzati con catene, ma non sempre sono necessarie (almeno ora che non c’e’ neve). Giungo ad una valletta dove, su roccette attrezzate, scendo per attarversare il torrente Acquaduro che e’ praticamente in secca. Salgo rapidamente sull’altro versante. Il sentiero riprende il suo andamento in falso piano nel bosco. In questa stagione il bosco e’ uno spettacolo esplosivo di colori, verde, giallo, rosso, viola. Decisamente l’autunno e’ il periodo migliore per godersi i boschi.


Scendo in un’altra valletta e attraverso un altro torrente in secca. Dopo una rapida salita ritorno in piano. Incrocio il sentiero che proviene da Introbio. Proseguo, poi prima di scendere in una terza valletta, scorgo in basso tra gli alberi qualche cosa che non mi sarei mai aspettato di vedere: una moto da trial capovolta. Il pilota deve aver fatto proprio un bel volo.


Scendo nella valletta con l’aiuto delle catene e risalgo sull’altro versante.
Ora il sentiero sale deciso e con buona pendenza, fino alla sommita’ dello spartiacque. Poco prima della cima si incontra una fontanella con un'ottima acqua fresca.
Sulla sommita’ mi immetto nel sentiero che proviene da Introbio e che porta al rifugio. Il sentiero sale abbastanza dolcemente sull’altro versante e con qualche strappetto mi porta fuori dal bosco, dove vedo il rifugio. Arrivo al Rifugio Buzzoni alle 10.20.
Dopo una breve sosta proseguo fino al Passo del Gandazzo, a 1651 m. che si affaccia sulla Valtorta. Dal passo prendo il sentiero a sinistra (n.36 SEL, n.101 CAI) che porta al Passo del Toro ed al Rifugio Grassi. Il sentiero sale dolce, ma subito dopo si inerpica deciso sul monte che ho di fronte. Dopo aver passato delle roccette arrivo ad una sorgente. Breve sosta e proseguo. Arrivo al Passo del Toro (1945 m) alle 11.30.



Sono indeciso se proseguire fino al Rifugio Grassi o fare una sosta al passo e poi scendere fino ai Piani Bobbio.
Scelgo la seconda opzione, mi fermo qui. Mangio qualche cosa e mi godo il panorama sulle Orobie Occidentali. Davanti a me c’e’ il Pizzo dei Tre Signori, purtroppo coperto da nuvole. Dall’altro versante vedo Grignetta e Grignone, anche loro con il consueto cappello di nuvole.
Scendo dal Passo del Toro e in una ventina di minuti sono di nuovo al Passo del Gandazzo, dove proseguo per i Piani di Bobbio. Il sentiero (n.36 SEL, n.101 CAI) entra nel bosco e procede pianeggiante. Attraverso una pietraia e poco dopo una pista da sci. Trovo dei mughi, arbusti della famiglia delle conifere. Le loro pigne colte ancora verdi e tagliate a spicchi sono ottime per aromatizzare la grappa. Ma non e' tempo di pigne. Peccato.
Arrivo infine ai Piani di Bobbio, ci ho messo 45 min. dal Passo del Gandazzo.

Dai Piani di Bobbio, scendo a Barzio tramite la carrozzabile che porta alla funivia. La strada e’ scomoda, lunga e noiosa. Ci metto quasi due ore per scendere.
Sconsiglio vivamente la discesa per la carrozzabile, meglio fare il giro nei periodi in cui e’ aperta la funivia. e scendere a Barzio con quella.
Oppure evitare di andare ai Piani di Bobbio ed dal Passo del Gandazzo scendere ripercorrendo il sentiero che passa per il Rifugio Buzzoni.
Col senno di poi, posso dire che al Passo del Toro avrei fatto meglio a proseguire fino al Rifugio Grassi ed evitare al ritorno il giro per i Piani di Bobbio.

Sara’ per la prossima volta.

2 ottobre 2008

Camino Inca, Peru’

Giugno 1986

Sicuramente questo e’ stato il trekking della mia vita (almeno fino ad ora). Devo fare un po’ di sforzo con la memoria per ricordarmi i dettagli di questa fantastica esperienza e raccontarla qui nel blog.

Io ed il mio amico Mauro, andammo in ferie in Peru’ con lo scopo principale di percorrere il “Camino Inca”, un’escursione di quattro giorni sulle Ande con destinazione Machu Picchu.

Partimmo da Lima in aereo e raggiungemmo Cuzco la mitica citta’ Inca. L’impatto con l’altitudine di Cuzco fu tremendo fin da subito. Gli aerei di linea hanno una pressurizzazione simile ad un’altitudine di 1000 metri. Appena atterrati, come si aprirono gli sportelli dell’aereo, ci trovammo immediatamente ai 3400 metri di altitudine di Cuzco, con una forte sensazione di nausea e di mancanza di respiro. Restammo a Cuzco un paio di giorni per acclimatarci, prima di iniziare la nostra avventura.

Da programma, dovevamo prendere il treno turistico per Machu Picchu delle 6.00 di mattina. Quel giorno pero’ il treno parti’ in anticipo (o forse noi eravamo in ritardo!?!), costringendoci a prendere il treno successivo, che non era un “turistico”, ma un treno normale dove noi eravamo gli unici turisti. Ricordo che il treno era affollato e c’era gente che vendeva di tutto, dalle ciabatte alla carne arrosto.

Arrivavamo al famoso Km 88, il punto di partenza del trekking del Camino Inca, a pomeriggio inoltrato. La stazione non esisteva ancora. Ci incamminammo subito lungo il sentiero ed arrivammo al primo villaggio che era gia’ buio. Ci accampammo vicino alla casa di una famiglia di campesinos, gli indios che sono la classe piu’ povera della societa’ peruviana.
Ci preparammo la cena a base di fagioli e salsiccia in scatola. Ma ne’ io, ne’ il mio amico avevamo fame e quindi offrimmo la cena al campesino, che non finiva piu’ di ringraziarci. Ci invito’ ad entrare nella sua casa. Una stanza con il pavimento di terra battuta con un fuoco in un angolo, dove la moglie stava scaldando i fagioli con la salsiccia. Nell’altro angolo della stanza c’era un unico letto, dove dormivano alcuni bambini. I bimbi piu’ grandi erano svegli ed erano incuriositi e sorpresi dal fatto che noi eravamo li’ in casa loro. Era gente molto povera ma molto ospitale. Ci offrirono da bere una specie di birra in una ciotola di legno. Dormimmo fuori della loro casa, nei nostri sacchi a pelo. La mattina seguente ci svegliammo molto presto, per recuperare il ritardo del giorno prima. Tutta la famiglia si era alzata per salutarci, oltre ai due genitori c’erano sei bambini. Prima di partire regalammo loro un paio di tavolette di cioccolata e qualche scatoletta di carne.

Ci mettemmo in cammino sul sentiero verso il passo Warmiwanusca a 4200m.
Al passo raggiungemmo un gruppo di escursionisti, quelli che erano partiti con il treno che noi avevamo perso il giorno prima.
La sera ci accampammo su un pianoro col gruppo di escursionisti. Dopo aver acceso un bel fuoco, qualcuno preparo’ il Mate de Coca, il te di foglie di coca (legali nella zona andina del Peru’). Un ottimo cardiotonico per sopportare l’altitudine, con il difetto di mettere inappetenza. In tre giorni di cammino mangiammo poco e niente.
Il gruppo era composto da una ventina di persone provenienti da varie parti del mondo; c’era chi veniva dall’Australia, chi dagli USA, dall’Argentina, dal Brasile, dalla Francia, dalla Svizzera e altri due italiani oltre noi.
A differenza degli altri noi non avevamo la tenda, ma dormivamo all’aperto nei sacchi a pelo tipo militare. Eravamo vestiti di tutto punto con maglione, guanti e cappello di lana. A Giugno in Peru’ inizia l’inverno ed eravamo a quasi 4000 metri. La mattina ci svegliammo con un sottile strato di ghiaccio che copriva i nostri sacchi a pelo, ma non avevamo patito il freddo come chi stava in tenda.

Il giorno dopo superammo un altro passo a 3800m e giungemmo alle rovine di Sayamarca dove finalmente il sentiero si trasforma nell’antica strada Inca.
Da li’ fino a Machu Picchu si cammina sui lastroni di pietra posati dagli Inca. Si percorrono scale vertiginose, si attraversano gallerie intagliate nella roccia. Ci si immerge nella giungla e si incontrano diverse rovine di fortificazioni dell’antico impero Inca.
E’ contemporaneamente un viaggio nel tempo e nella natura selvaggia delle Ande.

La terza notte ci accampammo nei pressi di una centrale idroelettrica sul fiume Urumamba. Al riparo della costruzione, la notte fu meno fredda.

La mattina seguente ci alzammo come al solito molto presto, e dopo un paio d’ore ci apparve Machu Picchu, con davanti i classici terazzoni agricoli e sullo sfondo il maestoso Huayna Picchu.
Ricordo che da piccolo rimasi affascinato da una foto di Machu Picchu sul sussidiario. Ed ora la citta’ era la’ davanti a me. Reale.
Ricordo il silenzio che c’era, mentre passavamo attraverso le case. E poi i posti mitici di Machu Picchu, di cui avevo letto tanto su guide e libri; il Tempio del Sole, il Tempio delle Tre Finestre, la Casa Reale e l’Intihuatana, la misteriosa pietra intagliata.
Il treno turistico da Cuzco sarebbe arrivato solo verso mezzogiorno. La citta’ era tutta nostra. Quando arrivo’ col treno la massa di turisti, lasciammo Machu Picchu, scendemmo giu’ nella valle e seguendo la ferrovia arrivammo ad Agua Calientes.

Il sogno di raggiungere Machu Picchu a piedi, percorrendo il Camino Inca si era avverato e l’emozione di averlo vissuto restera’ per sempre.